L’evento si è aperto con i saluti istituzionali da parte del Sindaco di Cremona Gianluca Galimberti, Coordinatore del Comitato di Indirizzo del Centro e con la presentazione della roadmap dei prossimi appuntamenti previsti per il 2023, effettuata da Lorenza Marchi, REI-Reindustria Innovazione e Project Manager del Centro.
È seguito l’intervento della professoressa Francesca Malpei, Ordinario al Politecnico di Milano e direttore della Fabbrica della bioenergia del Polimi di Cremona che ha spiegato come la ricerca scientifica e tecnologica sui biocombustibili, aiuti ad accelerare la transizione verso un’energia pulita e ad aumentare l’indipendenza energetica dell’Europa da fornitori inaffidabili e, in generale, dai combustibili fossili. Così da contrastare l’emergenza climatica e favorire la sicurezza energetica, ma anche altri aspetti come la gestione sostenibile dei rifiuti, con il corollario, tutt’altro che secondario, di creare posti di lavoro green.
Ma l’ottimizzazione della produzione di biocombustibili passa anche da co-digestione, ovvero dall’alimentazione di un digestore con fonti diverse di materia organica. «Ciò provoca problemi da studiare – ha notato la professoressa Elena Ficara, del Dipartimento di Ingegneria civile e ambientale del Politecnico di Milano – quali la selezione dei co-substrati, la corretta quantificazione della miscela ottimale e la definizione del carico applicabile. Problemi che vanno affrontati anche disegnando modelli matematici che coniughino buona affidabilità a complessità contenuta».
Della necessità di rendere il più possibile “circolare” i processi legati alla produzione di biogas, valorizzando i residui aziendali e i fertilizzanti rinnovabili, ha trattato il professor Erminio Trevisi, Ordinario di Zootecnica speciale e direttore del Dipartimento di Scienze Animali, della nutrizione e degli alimenti (Diana) dell’Università Cattolica. Trevisi ha mostrato come il processo di digestione anaerobica – come quello che avviene in un digestore – riduca significativamente le concentrazioni degli antibiotici nei reflui zootecnici. Non solo: «Il trattamento di digestione anaerobica sembra comportare una riduzione complessiva anche del carico dei microrganismi patogeni antibioticoresistenti, all’interno della comunità microbica in uscita dal reattore – ha sottolineato Trevisi. Dalle ricerche esce anche come il microbiota presente nei reattori non subisca effetti negativi in presenza degli antibiotici testati e «mantenga, e in taluni casi addirittura aumenti, il livello di produzione di biogas».
Di come il digestato possa essere utilizzato in qualità di fertilizzate ha parlato il professor Andrea Fiorini, del Dipartimento di Scienze delle produzioni vegetali sostenibili dell’Università Cattolica. Digestato che può essere utilizzato tal quale ma anche trattato attraverso un semplice processo di separazione delle fasi solide e liquide. La frazione solida è ancora ricca in sostanza organica (15-30%) – ha spiegato Fiorini – e dunque, oltre ad apportare al terreno nutrienti a lento rilascio, può avere un effetto che tecnicamente si chiama “ammendante”, ovvero di miglioramento o mantenimento della struttura del terreno. «Mentre la frazione liquida chiarificata – ha proseguito Fiorini – è generalmente caratterizzata da tenori ridotti di sostanza secca (1-8%); concentra in sé i composti solubili e dunque offre un pronto effetto concimante».
A seguito di questi interventi si è poi svolto il talk tecnico vero e proprio, che ha messo a confronto le aziende e le associazioni aderenti con le università.
In questa sede si è discusso su quali scarti le aziende immettono nei biodigestori, sulle interferenze nelle fermentazioni utilizzando gli scarti/sottoprodotti, su come influisce la digestione anaerobica sulla composizione degli effluenti zootecnici, su quali trattamenti possono essere eseguiti per valorizzare agronomicamente il digestato e di conseguenza come integrare il digestato nei piani di concimazione.